"Mercoledì 11 gennaio 1950. Modena, centro città,Via Emilia lato nord.
Lei è tesa, preoccupata, ansiosa. E' andata a trovare sua mamma che abita vicino alla stazione, in via Palestro.
Deve rientrare a casa ed ha una certa fretta.
Il latte preme e comincia a bagnarle il golfino sotto il cappotto.
Sandra, la sua bimba, ha tre mesi appena; sicuramente starà già piangendo e la suocera comincerà ad essere preoccupata "Ma quando arriva 'sta benedetta ragazza?Lo sa che la bimba deve mangiare!"
Lei percorre la via Emilia alla ricerca di un varco per attraversarla: casa sua è dall'altra parte, in via Sant'Agostino. Ma non si passa. La Celere blocca tutto. Non la lasciano attraversare. Sono in corso i funerali di quei sei ragazzi. I ragazzi delle Fonderie..."
Le Fonderie Riunite erano una presenza importante a Modena. Il padrone ( e mai appellativo fu più giusto) era il conte Adolfo Orsi, proprietario anche di altre fabbriche metalmeccaniche, di imprese commerciali, di cave nel Bresciano, di vasti possedimenti terrieri.
Voleva poter disporre a piacimento di tutti gli oltre cinquecento dipendenti: assunzioni, licenziamenti...tutto quanto. Di Commissione Interna e di sindacalisti proprio non ne voleva sentire parlare. La lettera di licenziamento per tutti era partita il 3 dicembre e il 5 dello stesso mese, con un'altra lettera, aveva fatto presente l'intenzione di riassumerne nemmeno la metà; ovviamente quelli non politicizzati e che non avessero legami con il Sindacato.......
......il 9 gennaio i Celerini fecero fuoco, in tempi diversi, su una manifestazione operaia indetta per protestare contro i licenziamenti.
Fu un vero e proprio "tiro al piccione".
Vennero uccisi in sei : Angelo Appiani di 30 anni, Renzo Bersani di 21 anni, Arturo Chiappelli di 43 anni, Ennio Garagnani di 21 anni, Arturo Malagoli di 21 anni, Roberto Rovatti di 36 anni. E furono tantissimi i feriti; molti dei quali, per paura di ritorsioni, non si presentarono all' ospedale per le necessarie cure.
L'11 gennaio è giorno dei funerali; la mia mamma fa tardi e la nonna paterna ha il suo bel daffare per rabbonire la mia fame.
Quante volte ho sentito questo racconto a casa mia. Il racconto di quei giorni di dolore stupito e impietrito.
BAMBINO DI MODENA
Perché in silenzio, bambino di Modena
il gioco di ieri non hai continuato?
“Non è più ieri: ho visto la Celere
quando sui nostri babbi ha sparato.
Non è più ieri, non è più lo stesso:
ho visto, e so tante cose, adesso.
So che si muore una mattina
sui cancelli dell’officina,
e sulla macchina di chi muore
gli operai stendono il tricolore.”
Gianni Rodari, “Bambino di Modena”-1950
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