(Ernesta, la ghirlandina e il mattarello)
Ernesta, la mia nonna materna.
La persona che ha lasciato belle impronte nella mia vita di bambina.
La Ghirlandina, il simbolo di Modena.
A fianco dell’abside del Duomo, si proietta verso l’alto con i suoi 89.32 metri, agile e slanciata, nelle sue armoniose proporzioni, la torre Ghirlandina, simbolo della città di Modena...
Il lungo mattarello (canèla) per stendere la sfoglia, qui posato sulla spianatoia, apparteneva alla mia nonna.
Il lungo mattarello (canèla) per stendere la sfoglia, qui posato sulla spianatoia, apparteneva alla mia nonna.
QUAL È IL LEGAME FRA QUESTE TRE IMMAGINI ?
Il dondolio del treno che corre sui binari induce sonnolenza ma la scomodità del sedile di legno la tiene sveglia.
Fa caldo, il caldo di un giugno appena iniziato in quella lontana estate del 1963.
Si è svegliata all'alba e con la mamma ha preso quel treno che da Modena la porterà a Rimini; da lì, poi, in autobus raggiungerà Rivazzurra.
In quella località della Riviera Romagnola, la nonna Ernesta lavora come cuoca presso la "Pensione Ghirlandina".
La mamma l'accompagna e lei rimarrà con la nonna per buona parte dell'estate.
La Pensione Ghirlandina si chiamò così proprio in onore della Torre modenese e a quei tempi era il luogo di villeggiatura per i dipendenti della A.M.C.M (Azienda Municipalizzata Comune di Modena) e le loro famiglie.
Qui in una cartolina del 1958.
Lei la vede per la prima volta un mattino di giugno del 1963.
Una bella palazzina non troppo alta, costruita direttamente sulla vasta spiaggia.
Ha un bel giardino recintato e bordato di oleandri.
La nonna esce per un attimo dalla cucina e l'abbraccia...
Di quella lontana estate - avevo tredici anni - ho ricordi nitidi e precisi.
La palazzina era diversa da come appare nella cartolina di qualche anno prima. Sul davanti, a destra, era stata costruita la sala che ospitava il bar.
Amavo molto il giardino nel quale trascorrevo praticamente tutto il giorno, per lo più disegnando e ritagliando bamboline di carta e il loro guardaroba.
La nonna doveva lavorare e non mi permetteva di andare in spiaggia, mi voleva al sicuro e così me ne stavo tutta sola in giardino aspettando il ritorno dalla spiaggia degli ospiti e soprattutto dei loro figli con i quali speravo di giocare almeno per qualche ora.
All'aperto e accanto all'ingresso c'era un biliardino. Non occorrevano monete per utilizzarlo perché il meccanismo era rotto. Avendo tanto tempo a disposizione, in breve diventai un asso del gioco ; dopo pranzo e soprattutto dopo cena ero molto richiesta come collega di gioco dai ragazzini. C'è anche da dire che ogni quindici giorni cambiavano gli ospiti , partivano amici e il giorno stesso ne conoscevo di nuovi.
Un ambiente che mi piaceva molto frequentare era la sala da pranzo che aveva una bella vista sul mare.
Ricordo in particolare una giovane cameriera bionda e sorridente che correva come un folletto tra i tavoli portando un inverosimile numero di piatti tra le braccia; grazie a lei, ogni tanto mi permettevano di rimanere in sala e di dare una mano: portavo via i piatti vuoti oppure stavo accanto al montavivande che saliva dalla sottostante cucina e pigiavo il bottone di salita o discesa dello stesso. Mi sentivo molto importante.
Altre volte, al bar della sala accanto, stavo dietro il bancone a stappare le bottigliette delle bibite.
Ma il bar mi piaceva soprattutto quando era deserto perché era dotato di un mobile radio con sovrastante giradischi.
La collezione di vinili non era enorme e comprendeva soprattutto valzer, mazurche,...che disdegnavo.
Però qualche gioiellino interessante c'era.
Tra gli altri, direi di aver fatto girare fino consumarlo "St.Tropez twist" di Peppino di Capri , ballando quel nuovo ritmo molto di moda .
Sotto, nelle cucine e stanze annesse , la vita era un pochino differente. Certo non erano in villeggiatura, la nonna e gli altri addetti.
Sveglia intorno alle 5 del mattino per le colazioni e poi via, senza interruzione, al lavoro per la preparazione del pranzo.
La cucina era nel seminterrato e ci faceva un caldo infernale. La mattina lavoravano senza interruzione fin verso le 14, quando ci si poteva sedere a pranzo -io accanto alla nonna- e poi, dopo aver tirato tutto a lucido , si concedevano un pisolino fin verso le 17 quando tutto ricominciava per la preparazione della cena. Verso le 23, stanca come un asino da soma, la nonna si buttava nel letto. E via così per tutti i tre mesi della stagione, sabati e domeniche comprese.
La camera era una stanza rettangolare non troppo grande , accanto alla cucina. Ricordo due reti avvicinate a formare un letto a due piazze nel quale dormivo con la nonna; accanto a quello, leggermente distanziate quel tanto che bastava per far passare le gambe, altre due reti su cui dormivano due aiuto cuoche. Era una stanza caldissima e soprattutto alloggiava insieme a noi un nutritissimo esercito di zanzare; ogni sera, prima di spegnere la luce ne ammazzavo decine e decine spiaccicandole sul muro che , dopo qualche tempo, pareva una carta da parati dell'orrore.
Con tutte queste fatiche , la nonna arrotondava la magra pensione e trascorreva l'inverno senza troppe preoccupazioni economiche.
So che la pensione esiste ancora, è un hotel molto rinomato e porta ancora lo stesso nome.
Non lo vedo da allora, quella lontana estate del 1963.