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mercoledì 27 settembre 2017

L' ERNESTA, LA GHIRLANDÈINA E LA CANÈLA

(Ernesta, la ghirlandina e il mattarello)



Ernesta, la mia nonna materna. 
La persona che ha lasciato belle impronte nella mia vita di bambina.



La Ghirlandina, il simbolo di Modena.
A fianco dell’abside del Duomo, si proietta verso l’alto con i suoi 89.32 metri, agile e slanciata, nelle sue armoniose proporzioni, la torre Ghirlandina, simbolo della città di Modena...




Il lungo mattarello (canèla) per stendere la sfoglia, qui posato sulla spianatoia, apparteneva alla mia nonna.




QUAL È IL LEGAME FRA QUESTE TRE IMMAGINI ?


Il dondolio del treno che corre sui binari induce sonnolenza ma la scomodità del sedile di legno la tiene sveglia. 
Fa caldo, il caldo di un giugno appena iniziato in quella lontana estate del 1963.
Si è svegliata all'alba e con la mamma ha preso quel treno che da Modena la porterà a Rimini; da lì, poi, in autobus raggiungerà Rivazzurra.
In quella località della Riviera Romagnola, la nonna Ernesta lavora come cuoca presso la "Pensione Ghirlandina". 
La mamma l'accompagna e lei rimarrà con la nonna per buona parte dell'estate.


La Pensione Ghirlandina si chiamò così proprio in onore della Torre modenese e a quei tempi era il luogo di villeggiatura per i dipendenti della A.M.C.M (Azienda Municipalizzata Comune di Modena) e le loro famiglie.



Qui in una cartolina del 1958.







Lei la vede per la prima volta un mattino di giugno del 1963.
Una bella palazzina non troppo alta, costruita direttamente sulla vasta spiaggia.
Ha un bel giardino recintato e bordato di oleandri. 
La nonna esce per un attimo dalla cucina e l'abbraccia...

Di quella lontana estate - avevo tredici anni - ho ricordi nitidi e precisi.
La palazzina era diversa da come appare nella cartolina di qualche anno prima. Sul davanti, a destra, era stata costruita la sala che ospitava il bar.
Amavo molto il giardino nel quale trascorrevo praticamente tutto il giorno, per lo più disegnando e ritagliando bamboline di carta e il loro guardaroba. 

La nonna doveva lavorare e non mi permetteva di andare in spiaggia, mi voleva al sicuro e così me ne stavo tutta sola in giardino aspettando il ritorno dalla spiaggia degli ospiti e soprattutto dei loro figli con i quali speravo di giocare almeno per qualche ora.



All'aperto e accanto all'ingresso c'era un biliardino. Non occorrevano monete per utilizzarlo  perché il meccanismo era rotto. Avendo tanto tempo a disposizione, in breve diventai un asso del gioco ; dopo pranzo e soprattutto dopo cena ero molto richiesta come collega di gioco dai ragazzini. C'è anche da dire che ogni quindici giorni cambiavano gli ospiti , partivano amici e il giorno stesso ne conoscevo di nuovi.
Un ambiente che mi piaceva molto frequentare era la sala da pranzo che aveva una bella vista  sul mare. 
Ricordo in particolare una giovane cameriera  bionda e sorridente che correva come un folletto tra i tavoli portando un inverosimile numero di piatti tra le braccia; grazie a lei, ogni tanto mi permettevano di rimanere in sala e di dare una mano: portavo via i piatti vuoti oppure stavo accanto al montavivande che saliva dalla sottostante cucina e pigiavo il bottone di salita o discesa dello stesso. Mi sentivo molto importante. 
Altre volte, al bar della sala accanto, stavo dietro il bancone a stappare le bottigliette delle bibite.
Ma il bar mi piaceva soprattutto quando era deserto perché era dotato di un mobile radio con sovrastante giradischi.
La collezione di vinili non era enorme e  comprendeva soprattutto valzer, mazurche,...che disdegnavo.
Però qualche gioiellino interessante c'era. 
Tra gli altri, direi di aver fatto girare fino consumarlo "St.Tropez twist" di Peppino di Capri , ballando quel nuovo ritmo molto di moda .
Sotto, nelle cucine e stanze annesse , la vita era un pochino differente. Certo non erano in villeggiatura, la nonna e gli altri addetti.
Sveglia intorno alle 5 del mattino per le colazioni e poi via, senza interruzione, al lavoro per la preparazione del pranzo.
La cucina era nel seminterrato e ci faceva un caldo infernale. La mattina lavoravano senza interruzione fin verso le 14, quando ci si poteva sedere a pranzo -io accanto alla nonna- e poi, dopo aver tirato tutto a lucido , si concedevano un pisolino fin verso le 17 quando tutto ricominciava per la preparazione della cena. Verso le 23, stanca come un asino da soma, la nonna si buttava nel letto. E via così per tutti i tre mesi della stagione, sabati e domeniche comprese.
La camera era una stanza rettangolare non troppo grande , accanto alla cucina. Ricordo due reti avvicinate a formare un letto a due piazze nel quale dormivo con la nonna; accanto a quello, leggermente distanziate quel tanto che bastava per far passare le gambe, altre due reti su cui dormivano due aiuto cuoche. Era una stanza caldissima e soprattutto alloggiava insieme a noi un nutritissimo esercito di zanzare; ogni sera, prima di spegnere la luce ne ammazzavo decine e decine spiaccicandole sul muro che , dopo qualche tempo, pareva una carta da parati dell'orrore.
Con tutte queste fatiche , la nonna arrotondava la magra pensione e trascorreva l'inverno senza troppe preoccupazioni economiche.
So che la pensione esiste ancora, è un hotel molto rinomato e porta ancora lo stesso nome.
Non lo vedo da allora, quella lontana estate del 1963.

mercoledì 19 febbraio 2014

PICCOLI TESORI

     La pentola di alluminio borbotta sul fornello a gas e riempie di profumato vapore la piccola cucina. 
     La mamma, assorta nei suoi mille pensieri, sorveglia le grosse bolle che la zuppa di pane produce e tiene  a bada gli schizzi di brodo bollente manovrando con sapienza  il cucchiaio di legno.
     Il suo sguardo stanco ritrova luce posandosi sulla bimba che saltella nei pressi della stufa accesa ; le sta dicendo che fa freddo  e che  i calzettoni di lana non dovrebbero essere a ridosso delle caviglie ma ben tirarti fin sotto le ginocchia, quando la maniglia della porta - che non è  mai chiusa a chiave - si abbassa e il babbo entra insieme a una gelida folata di aria della sera.
     Ha un sorriso dolce, sornione e una mano occupata a reggere il cesto di legna che ogni sera porta dalla cantina fino su al quarto piano; l'altra mano è affondata nella tasca sinistra del ruvido cappotto nocciola dal disegno spinato. 
     Il borbottio della pentola si fonde di colpo con un misterioso e prolungato suono metallico proveniente da quella tasca.
     La bimba non saltella più e guarda il babbo che le sorride, le sorride con le labbra e anche con quei suoi bellissimi occhi azzurri: lei ora lo sa , è sicura che da quella tasca uscirà ... cosa uscirà mai...?
     Non saltella più e aspetta. 
   Aspetta e "ascolta", insieme a quel suono metallico, il dialogo muto di babbo e mamma; è un dialogo di  eloquenti e rapidi sguardi tra loro ... " ...ma cos'hai comprato mai? ...lo sai che si deve risparmiare..."...sì lo so, non avrei dovuto, ma..."

Da quella tasca uscì un gattino di latta caricato a molla che correva e si rotolava sul pavimento portando con sé una pallina colorata.
Per me, che ricevevo un solo giocattolo all'anno la notte della Befana, quella sera di febbraio del 1955 è una nitida fotografia a colori nella memoria del cuore. 
E quel gattino di latta è tra i miei tesori più preziosi.

martedì 24 dicembre 2013

SPONGATA E SASSOLINO


Sassolino, soprattutto.

Vigilia di Natale  di parecchi anni fa, davvero tanti: avevo cinque anni. 
La casa piena di amici per i tradizionali auguri. 
Sulla tavola  il Pane di Natale, la Spongata e il  Sassolino...appunto (cliccando sui nomi arrivate alle ricette).
Non vista dagli adulti, misi alle labbra un bicchierino di liquore e lo ingoiai quasi tutto; tutto tranne una parte che finì sul vestito. 
Risultato: tanto caldo - lo ricordo con precisione - e lo scoppio di quella che qui si chiama "la ridarola", cioè quel ridere continuo che è impossibile fermare.
Come da tradizione, mamma e babbo avevano chiamato il fotografo per alcuni scatti ricordo. 
Sullo sfondo , nello specchio, si vede il volto divertito ( ma tentava di stare serio) di mio babbo e quello invece arrabbiatissimo di mia mamma.
E sul mio vestito di lana pizzicosa - con annessi colletto e polsini di velluto - si vedono altrettanto bene le tracce del sassolino tracannato a tradimento.

Buon Natale !

P.S.: chissà dov'è finito quel magnifico armadio di radica...

lunedì 21 ottobre 2013

SANDRA , LA NONNA , IL CASTAGNACCIO ... E NON SOLO

" Per mano a nonna Ernesta lei cammina svelta ascoltando la sua voce che descrive ogni passo. 
È ottobre, quasi il suo compleanno; mentre camminano le parla di quando  era bambina nelle campagne carpigiane.
Sono in Piazza Torre 
-al Tvajol ed Furmaijn
proprio accanto alla statua del Tassoni, quando un fotografo di strada crea questo bellissimo fermo immagine.
Andavano - quella mattina come tutte le mattine - a fare la spesa al Mercato Albinelli e poi , in questa stagione, dal fruttivendolo in via Castellaro a comprare il CASTAGNACCIO...o una bella PATATA AMERICANA ... o una FRITTELLA DI CASTAGNE... o una fetta di ZUCCA AL FORNO...".

lunedì 2 settembre 2013

AL CASÈT DI ZAVÀI

ovvero
IL CASSETTO DELLE CIANFRUSAGLIE
Quando ero piccola andavo spesso a dormire dalla mia nonna, rimanevo da lei anche per lunghi periodi di tempo.
Tra i miei passatempi preferiti vi era quello di aprire uno dei minuscoli cassettini della "panéra" (paniera, madia) ed estrarre il ciarpame in esso contenuto .

giovedì 4 luglio 2013

UN COLPO AL CUORE

Alzo gli occhi dal bancone del bar, portamonete aperto in attesa del resto.
Abbiamo appena bevuto un caffè dopo il nostro solito giretto settimanale in montagna a caccia di una vecchia casa che voglia farsi acquistare da noi con pochi quattrini in tasca.
Alzo gli occhi, dicevo,  e mi si blocca la respirazione.
Vedo, tra bottiglie di liquori e amari dagli improbabili colori,  questo libro.
Lo sguardo si inchioda sul viso di quel vecchio e ...LO RICONOSCO.

martedì 18 giugno 2013

AVEVO TREDICI ANNI

  una vita fa. 
Un giorno la mia mamma tirò fuori da una vecchia valigia di cartone - magari sapessi dov'è finita - alcune ruvide lenzuola di sua nonna . 

"Perché non mi dipingi qualcosa di bello sull'angolo, così poi lo uso come copriletto estivo..."

mercoledì 17 aprile 2013

SORPRESE

Sposti un piccolo tavolino 
e ti si apre il cassetto. 
Ci sbatti il ginocchio e lo maledici. 
Poi sbirci l'interno e ricordi ....


... nonna Ernesta,  qui ritratta a diciannove anni (1919) quando sposò nonno Dante.
Lei si spense nel sonno, durante il riposino pomeridiano, nel 1996. 
Aveva novantasei anni  e abitava da sola in un piccolissimo appartamento stipato di ricordi.
Sembra strano ma quando morì fui colta di sorpresa e non ci volevo credere. 
In quel cassetto riposi, allora, piccoli oggetti , alcuni vecchi documenti , qualche cartolina, fotografie....ripromettendomi di esaminarli con calma quando fossi stata pronta. Non l'ho più fatto e son passati più di sedici anni ormai.
Oggi ho ripescato questo:

giovedì 4 aprile 2013

QUELLA DELLA BRONCHITINA

 ovvero
la storia della scatola di latta lasciata in sospeso QUI

Questa scatoletta di latta è ciò che resta di una discussione tra mia mamma e mia nonna, nonché di una "battaglia" italo-svizzera. 
E nei miei miei ricordi ha il sapore del cioccolato.  Svizzero, appunto.

martedì 19 marzo 2013

MIO PADRE






Ti penso. 
Penso ai tuoi occhi e ai miei, praticamente gli stessi occhi.
Penso a quanto tu fossi orgoglioso di questo. 
I tuoi occhi severi, dolci, commossi, arrabbiati, tristi, addolorati, sfuggenti, penetranti, taglienti, carezzevoli. 
Penso ai mille sguardi capaci di comunicare quello che la tua discrezione e timidezza non riuscivano a tradurre in parole.
Penso a quell'estate e al nostro giocare agli indiani.
Alle casette del presepe intagliate "a traforo" nel compensato.
Alle cantilene in dialetto, nelle sere invernali accanto alla stufa a legna, prima che il sonno mi facesse crollare; chissà come finivo nel lettino: me lo chiedevo, la mattina, svegliandomi.
Alle tue mani callose e ruvide che fingevano sorpresa mentre  aprivano la mia  letterina  nascosta ogni Natale sotto il piatto dei tortellini.
A quel gattino di latta che, caricato a molla, rotolava su se stesso trascinando  una pallina rossa; sbucò dalla tasca del tuo cappotto, una sera, e ti brillavano gli occhi che tenevi fissi su di me per  evitare lo sguardo della mamma che , senza palare , chiedeva "ma quanto hai speso?!" .
Alla tua voce un po' tremante di orgoglio che diceva ad un amico "Mia figlia?, fa la maestra".
Sono ormai quasi sette anni anni che vengo lì da te e mi soffermo a leggere.
"Come foglia tornerò a rinsanguare la terra della mia pianura... Il vento non disperderà le mie parole.... Vivrò nella memoria".
Ed ogni volta ringrazio questo autore per avermi prestato le parole.
Oggi, 19 marzo, come ogni giorno ti penso babbo. E ti voglio bene. 

domenica 12 agosto 2012

Feragàst éd 'na vòlta


Ferragosto di una volta. 
Già, una volta. Tanto tempo fa quando lei aveva quasi quindici anni e il babbo era giovane e bello; "come John Wayne" dicevano i suoi amici.
Rive del fiume Secchia, località Ponte Alto, Modena-Ferragosto 1964
Ferragosto al fiume  quando il fiume era un nastro d'acqua fresca, gorgogliante e pulita.
In bici bastavano dieci minuti dal centro città ed eri a "SecchiaMarittima". Ora ... meglio evitare.
Buon Ferragosto a tutti

lunedì 18 giugno 2012

AL MARE CON LA NONNA

Sandra, quasi tre anni, con  nonna Ernesta.

Filippo, quasi tre anni, con  nonna Sandra.


La frase "La vita è una ruota che gira" 
avrà pure una ragione d'essere!

martedì 12 giugno 2012

QUELLE RAGAZZE DELLA BASSA

La data esatta è Giugno 1967
Venivano "dalla Mirandola" , San Possidonio, San Martino Spino, Camposanto, Finale Emilia,....cittadine della Bassa Modenese divenute famose in queste settimane.
Una buona metà delle ragazze mia classe, all'Istituto Magistrale Statale "C.Sigonio", era "della Bassa"; la maggior parte di loro si alzava all'alba, quando nei lunghi e nebbiosi inverni la luce del giorno sembrava un miraggio, e rientrava la sera tardi - di nuovo nel buio della sera - macinando chilometri in corriera.
Qualcuna - forse più fortunata ... almeno non passava la vita  viaggiare e dormire - dal lunedì al sabato abitava in città nel convento delle suore Orsoline, non troppo lontano dalla scuola, e rientrava in famiglia nei fine settimana. 
Ma anche così c'erano da mandare giù tanti rospi. 
Per dirne uno: le suore aprivano e leggevano la corrispondenza privata; così per una di loro facevo da "fermo-posta" e quasi ogni mattina le portavo in classe  una lettera del moroso rimasto al paese.
Io, ragazza di città che abitava a duecento metri dal portone dell'Istituto, mi concedevo il lusso di alzarmi all'ultimo minuto e anche di arrivare in classe in anticipo; così, la mattina, le vedevo entrare assonnate e infreddolite. Ero ben consapevole di essere, almeno per questo aspetto,  fortunata. 
Avevano - come me e  come tutti gli adolescenti di ogni età e tempo - tanti sogni  da realizzare.
Di quelle ragazze della Bassa non ho notizie da tantissimi anni. Sono nei miei pensieri.

lunedì 9 gennaio 2012

" ODORAVA DI DIGNITA' "

"Mercoledì 11 gennaio 1950. Modena, centro città, via  Emilia lato nord.
Lei è tesa, preoccupata, ansiosa. E' andata a trovare sua madre che abita vicino alla stazione, in via Palestro al 19.
Deve rientrare a casa ed ha una certa fretta ..."


Inizia in questo modo un mio post dello scorso anno, di questi giorni.
Parla dei sei ragazzi delle Fonderie Riunite, sei operai trucidati dai celerini il 9 gennaio 1950 a Modena ... esattamente sessantadue anni fa, oggi.
                              



La ragazza che affannosamente cerca di attraversare la strada è la mia mamma.
La si vede qui a sinistra ritratta proprio in via Emilia da un fotografo di strada, alcuni mesi dopo ... nel carrozzino ci sono io.




Mio babbo era un operaio con qualifica di "saldatore specializzato" e mi ha raccontato tante volte, fin da quando ero ragazzina,  del tiro al piccione di quel giorno.
Lo rivedo sulla sua bicicletta, borsa con il pranzo appesa alla canna, pedalare verso la fabbrica , con ogni tempo atmosferico.
Lui e la sua vecchia bici. Lui e le sue ruvide mani callose. Lui e lo spazzolino che usava per grattare via il nero dalle unghie. Lui e il suo cappottino di lana spigata. Lui e lo strato di fogli di giornale sotto il maglione. Lui e il suo "padlèin" (tegamino doppio a chiusura ermetica) per riscaldare a "bagno-maria" il pranzo che mamma gli aveva cucinato.

Alcuni giorni fa un amico (grazie Massimo)mi ha inviato via mail il testo di una lettera scritta dal figlio di un operaio Fiat: ho rubato lì il titolo di questo post.
In questi giorni di grandi cambiamenti per il mondo del lavoro e non solo, in questo giorno di memoria, ...rileggerla mi ha fatto ricordare e riflettere.


Se poi si ha tempo e voglia, ecco qui:
5 minuti che vale la pena "perdere"



giovedì 15 dicembre 2011

BABBO NATALE CHI E' ?

Una foto, una storia

Quando ero piccola io, Babbo Natale non si sapeva chi fosse. Qui nel modenese, i doni ai bimbi bravi e buoni li portava la Befana; con l'eccezione di Carpi dove, ancora oggi, è Santa Lucia ad incaricarsene. 
I doni, o per meglio dire IL dono ,  era solo e soltanto uno. Almeno a casa mia. Ed era atteso tutto l'anno perché era sicuramente un giocattolo. 
Altre ricorrenze, per esempio il compleanno, prevedevano regali utili; in genere abbigliamento o materiali per la scuola.

"La mamma è in vena di  concessioni oggi: mi ha dato il porte-enfant d'organza di quando ero piccina ed ha lasciato che ci infilassi la mia principessa azzurra
Mi sono svegliata prestissimo questa mattina e sono saltata dal letto  come un grillo; ora, a  pomeriggio inoltrato,  è già buio e sono talmente contenta ma talmente contenta che son diventata seria seria. 
Faccio sempre così e tutti a dirmi "ma che cos'hai, ma perché sei così seria...?".  
Io non lo so perché mi si blocchino le parole in gola quando sono molto contenta; e non lo so perché quando sono emozionata e felice, "fuori" sembri seria e triste.  
Mi hanno messo in posa con tutti i miei giocattoli attorno: il mappamondo di latta, la casetta portalavoro, la carrozzina per la bambola, Pinocchio,...
"Dai, su, un bel sorriso. Lo vedi che il fotografo aspetta solo che tu faccia un bel sorriso?", e più me lo dicono più mi blocco. 
Proprio non sento niente di quello che mi viene detto perché ho sviluppato un'abilità che è come una specie di interruttore-audio: chiudo e sto in  pace.
Per l'imbarazzo mi concentro sulla gonna di lana che mi pizzica le gambe e mi dà proprio fastidio; non mi piace questa gonna a quadretti bianchi e celesti e non mi piacciono le bretelle ... una gonna con le bretelle, che idea ... NON MI PIACE! 
Ma è nuova, messa oggi per l'occasione: nonna ha comprato la stoffa  "che è un po' ruvida ma è una buona lana calda" ( quante volte è successo nella mia infanzia?) e la vicina di casa, la signora Ines, l'ha cucita; lei di solito si rompe le dita e le unghie cucendo su commissione coperte imbottite di lana cardata per arrotondare il salario del marito Samuele, guardia carceraria. 
La signora Ines sembra burbera e scostante ma io, che passo molto tempo a casa sua quando i miei sono al lavoro, so che non è così. 
E' una signora gentile e ha trovato il tempo per infilare l'ago nella mia gonna, oltre che nelle "sue" coperte imbottite ,e la mia mamma  le è molto grata per questo.
Sarà meglio che mi sforzi di mostrare la mia gioia e che continui a essere buona e gentile perché la scorsa notte è arrivata, finalmente. 
La scorsa notte era LA NOTTE DELLA BEFANA.
Ai piedi del letto, questa mattina, ho trovato il giocattolo più bello che avessi mai visto: un letto per la bambola, grande tutto di legno color panna e con un alberello fiorito dipinto sulla testata. 
Un letto che sembra proprio vero perché ha il materasso, le lenzuola e ... una coperta di raso verde tutta trapuntata e imbottita di lana cardata; evidentemente la signora Ines non ha cucito solo la mia gonna a quadretti, ultimamente ... "ha aiutato la Befana" , mi dicono.
Sarà meglio essere buona e gentile perché non vorrei che la cara vecchietta ci ripensasse e tornasse stanotte a portarselo via, questo bel lettino. 
Mi piace troppo. 
Per ora ci si è accomodato Pinocchio perché la bambola è troppo grande, ma nei miei sogni si è già affacciato un bambolotto ....chissà... magari prima o poi arriva".

I miei genitori non possedevano la macchina fotografica e per le occasioni speciali chiamavano a casa  il fotografo.  Praticava modici prezzi perché era un   amico del babbo e lavorava presso il Cavalier Gino  Barbieri, noto fotografo modenese.

sabato 19 novembre 2011

UNO SGUARDO DALL'ALTANA

Sono nata e cresciuta in centro storico e quindi sono, come dice Pino Ligabue, una Zemiàna (la "z" si pronuncia come la "s" nella parola chiesa) come tutti i modenesi nati entro la cerchia delle mura.
Da piccola giocavo in questa piazzetta
Allora non era così: non c'erano gli alberi e  nemmeno la fontanella; la pavimentazione era in terra battuta. 
Una volta, avrò avuto forse otto anni, trovai una banconota da  cinquanta lire; era un rettangolino di carta verde tutto stropicciato e seminascosto tra polvere e sassolini: reprimendo il senso di colpa la nascosi in cantina e  "campai" a caramelle per non so quanto tempo!
Proprio sotto questo portico si affacciava il portone di casa "mia".
Eccolo, sempre uguale, nel sole del mattino

Ora mi sembra tanto piccolo ma da bambina lo vedevo enorme. 
Ho imparato a giocare a palla-a-muro proprio lì, sotto il numero civico. 
Ogni tanto noi bambini lanciavamo i due capi di una grossa fune (prestata dal riparatore di biciclette di qualche portone più in là) oltre il ferro che unisce i due lati dell'arcata del portico e, con l'aiuto di un cuscino,  ci costruivamo una favolosa altalena.
Altre volte bastava salire le scale, settantadue altissimi scalini, ed arrivare al quarto piano: lassù c'era casa "mia".
Le finestre sono ancora al loro posto e quella aperta era, allora, la mia stanza. 
Da una scala interna si raggiungevano i solai e da lì, pur non trattandosi di una vera e propria altana, si dominavano i tetti in cotto del circondario. L'esplorazione dei solai era un gioco davvero affascinante e, a volte, piacevolmente "pauroso" !
I miei genitori erano in affitto e diversi anni fa dovettero lasciare quel bellissimo appartamento (ora lo ricordo così), grande quanto tutto il quarto piano . 
L'interno caseggiato è stato successivamente ristrutturato e oggi  non potrei più ritrovare le atmosfere di allora ma l'esterno è ancora lì tale e quale; invidio molto chi ha potuto conservare la casa della propria infanzia.
*****
ALTANE MODENESI
"Altana: piccola e caratteristica costruzione a loggia sul tetto di un fabbricato. Un tempo, nelle ville di città e di campagna modenesi, ospitava lo stenditoio per la biancheria o la piccionaia.....

giovedì 20 ottobre 2011

TRE VOLTE LADRA

Odore di latte caldo. 
Latte zuccherato. 
Lei odia il latte zuccherato. 
Il latte caldo e zuccherato le dà la nausea.
La lunga e ordinata fila di bambine segue la maestra lungo il buio corridoio  della scuola;  lei è quasi in fondo, dà la mano alla compagna e mentre cammina respira piano per sentire quell'odore il meno possibile. 
Ha la mente concentrata nella ricerca di un pretesto per non bere quel bicchiere di latte che ogni giorno - un vero supplizio - la scuola offre gratuitamente agli alunni. Proprio non capisce perché insistano tanto - un giorno la maestra ha anche detto alla mamma "ma è così mingherlina...le date abbastanza da mangiare?" e la mamma si era proprio risentita - lei il latte lo beve a casa sua, fresco e con il suo naturale sapore.
Ma c'è un'altra cosa che la disturba in quella grigia mattina di fine ottobre: una sua compagna, la figlia del maresciallo, la guarda in cagnesco, vuole indietro il suo temperamatite e "lo dico alla maestra che me l'hai preso tu!". Chissà perché è tanto cattiva e si inventa le cose. 
Sta di fatto che lei si ritrova, solo pochi minuti dopo, sul secondo gradino della lavagna in piedi di fronte a tutta la sua classe...ventiquattro paia di occhi puntati addosso. Si contorce le mani sudaticce e bagnate delle lacrime che non vorrebbe piangere e si sente scuotere dai singhiozzi repressi. Vorrebbe evitare tutti quegli sguardi ma non può , perché le pare proprio incredibile che stia succedendo.
"Ladra, ladra, ladra". Con ritmata cantilena quelle facce bambine  le urlano  disprezzo e lo fanno con l'abilità di un coro ben affiatato e compatto al comando del gesto preciso e perentorio di un esperto direttore d'orchestra, la maestra: " Al mio via gridate tre volte , tutte insieme, LADRA LADRA  LADRA!"
Ancor oggi, dopo cinquantasei anni, ho nelle orecchie quel coro, nelle narici quell'odore, negli occhi quelle facce e tutto ciò che stava intorno.
Il dolore ovviamente no, quello si è disciolto.
Ma per anni ho sentito il respiro farsi corto ed il viso  infiammarsi ogni volta che qualcuno vicino a me accennava a cercare qualcosa che lì per lì non trovava.




P.S.: l temperino in questione fu poi rinvenuto settimane dopo - in occasione di approfondite pulizie - sotto la pedana di legno sulla quale i banchi , allora, poggiavano.

venerdì 19 agosto 2011

ESTATE

      Sandra a Cattolica, estate 1952
E' quella del '52. E' quasi l'ora di pranzo e la spiaggia sembra una graticola.  Anche l'acqua del mare - con tutto che è salata - pare pronta per buttare gli spaghetti.  Sono spariti quasi tutti  dalla spiaggia  "e per fortuna" pensa lei, issata lassù, su quel moscone, a dare orrido spettacolo di sè  e a  vergognarsi  tanto perchè SA  di essere bruttissima, lo sa!  Ma come ragionano i grandi? Ma cosa ci sarà tanto da ridere? Già , stanno ridendo tutti: la nonna, la zia, il cuginetto Gianni ... e il fotografo, chiamato per immortalare il simpatico evento.  Lei non si diverte affatto , pensa ai suo riccioli rasati via con l'inganno. Già, l'inganno: che ferita bruciante!  Ora però non è nemmeno più arrabbiata ma solo stanca , sfiduciata, triste ... sola. Sola e in bilico lassù, così in alto e così in vista. Sola con il suo grande dolore. Sì, dolore; non sembri eccessiva questa definizione:  i grandi manco se lo immaginano quanto siano potenti certi dolori, anche se si hanno solo tre anni scarsi. 

Lei ancora non lo sa che da adulta sarà per tantissimi anni una maestra. Lei ancora non lo sa ma si ricorderà di quel tradimento e questo la aiuterà a vedere un po' meglio dietro gli sguardi dei bimbi.

Ma ecco che la nonna allarga le braccia e l'accoglie. L'orrendo rito è concluso e lei si rifugia nell'ascolto di quella voce gentile che insiste a rassicurarla "vedrai come ricresceranno in fretta e forti i tuoi bellissimi riccioli" . Ora lei ci crede e smette di piangere. Non le resta che aspettare.

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